Si è tenuto a Roma il 14 ottobre scorso, una tavola rotonda alla presenza del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente CEI, e del segretario CEI mons. Stefano Russo, come evento conclusivo della Campagna “Liberi di partire, liberi di restare” organizzato dalla CEI, dalla Caritas Italiana e dalla Campagna 8xmille. Vi ha preso parte P. Antonio Leuci, Direttore Nazionale della Caritas di Albania. Riportiamo il suo intervento costituito da una serie di risposte a precise domande. Esse offrono un Quadro preciso per comprendere la realtà albanese, soprattutto in riferimento ai minori.
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1. Quale è la situazione in Albania, soprattutto rispetto ai minori?
L’Albania è detta Africa Bianca
La chiamano ‘l’Africa bianca’. Dalla fine della dittatura, agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso, già due milioni di persone hanno lasciato l’Albania, alla ricerca di un posto sicuro da abitare. Una nuova patria dove poter vivere, finalmente in pace. Realizzare i propri sogni, per molti, è impresa impossibile, in questa terra tanto amata quanto odiata. Disoccupazione dilagante, soprattutto tra i giovani, assenza di politiche sociali per la tutela delle fasce deboli, corruzione e una classe dirigente lontana dal popolo hanno trasformato un paese ricco di potenzialità in una terra dove vivere è una conquista quotidiana.
I cambiamenti politici, economici e sociali avvenuti in Albania negli ultimi dieci anni hanno determinato l’aumento delle categorie vulnerabili ed in particolare quella delle nuove generazioni. La povertà, l’alto tasso di disoccupazione, le emigrazioni, hanno prodotto grosse trasformazioni sociali con effetti drammatici in particolare sui minori di età. Questi fenomeni si sono aggravati anche a seguito del terremoto che ha colpito il paese e dell’emergenza covid-19.
Così da qui se ne vanno tutti, soprattutto i migliori, giovani formati, famiglie intere e professionisti. A lasciare l’Albania sono anche i bambini e i ragazzi non ancora maggiorenni, spinti ad andarsene dagli stessi genitori. Cifre allarmanti: circa 9 mila, quelli sparsi per tutta Europa, 1600 solo in Italia, dove i minorenni abbandonati albanesi sono al primo posto per presenze. Unico paese del continente europeo, tra i primi cinque, al fianco di Egitto, Costa d’Avorio, Gambia e Guinea. Da gennaio 2019 ad agosto 2020 ben 30500 cittadini albanesi hanno chiesto Asilo in Europa. Di questi: ben il 78% (23.500 persone) ha meno di 34 anni; ed il 27% è un minore di 17 anni. Ovvero ben 8695 richieste di asilo in Europa in questo periodo sono state fatte da minori!!! (FONTE EUROSTAT OTTOBRE 2020)
ALCUNI DATI
I seguenti dati, alcuni dei quali recentissimi, possono aiutare a capire il contesto del paese:
° Da gennaio 2019 ad agosto 2020 ben 30.500 cittadini albanesi hanno chiesto Asilo in Europa. Di questi: ben il 78% (23.500 persone) ha meno di 34 anni; ed il 27% è un minore di 17 anni. Ovvero ben 8695 richieste di asilo in Europa in questo periodo sono state fatte da minori!!! (FONTE EUROSTAT OTTOBRE 2020)
° negli ultimi 10 anni 300.000 Albanesi hanno lasciato il paese
° La popolazione albanese è in termini percentuali, la seconda nazionalità al mondo per richieste di asilo. Ogni 100.000 abitanti 18 cittadini albanesi fanno domanda di asilo. La Siria ne ha 35 ogni 100.000 abitanti, poi viene l’Albania davanti ad altri paesi come Georgia, il Venezuela, Afghanistan e Kosovo. (FONTE EUROSTAT OTTOBRE 2020)
° I cittadini albanesi sono la prima nazionalità di richiedenti asilo in Francia, la terza nazionalità in Inghilterra,
° Un’ultima rilevazione delle nazioni unite in Albania (settembre 2020) ha evidenziato come il 40% dei giovani studenti albanesi vuole lasciare il paese.
° Subito dopo il terremoto del novembre 2019 – 110.000 cittadini albanesi sono partiti dall’aeroporto di Rinas (Tirana).
° Nonostante le restrizioni agli spostamenti globali dovute dalla pandemia Covid-19, nei primi 6 mesi del 2019 oltre 6.000 cittadini albanesi hanno chiesto asilo in Europa.
° Il paese, con una popolazione molto giovane, da circa 3 anni ha un tasso di incremento demografico negativo.
° Il terremoto ha causato la perdita di oltre 80.000 posti di lavoro.
° L’80% dei cittadini albanesi secondo un sondaggio di maggio 2020 è pronto a lasciare il paese.
° Nonostante il massiccio fenomeno della migrazione ed in particolare della migrazione dei minori albanesi, in Albania non esiste alcun tipo di statistica od osservatorio che ne analizzi le cause.
Oltre a questi fenomeni, che colpiscono i giovani albanesi e la nazione tutta, la cosiddetta “rotta dei Balcani occidentali”, ovvero possibilità di attraversare il paese in maniera illegale viene presa in considerazione oggi da numerosi migranti ogni mese, specialmente dopo la chiusura del corridoio che dalla Grecia passava per Macedonia e Serbia. Dal 2015 ad oggi la presenza dei rifugiati in Albania è cresciuta dell’850%. Dalle poche centinaia del 2015 ai quasi 11.000 di quest’anno. Ed anche qui nel corso degli ultimi 2 anni il numero di minori e donne, e casi vulnerabile è incrementato notevolmente. Su 11.000 presenze circa, abbiamo oltre 1000 minori. Caritas Albania, a fatica e anche grazie al contributo della CEI sta cercando di far fronte a questa nuova emergenza.
2. Quali azioni avete messo in campo per proteggere i bambini e gli adolescenti, in particolare le donne, che sono i principali destinatari del vostro progetto?
Il progetto nei suoi 3 anni si è posto come obiettivo quello di lavorare con i giovani, con le famiglie e con le comunità.
Il progetto è nella sua seconda annualità, che è stato fortemente influenzato, prima dal grave sisma che ha colpito il paese, e poi dall’emergenza COVID-19
Nel corso di questo primo biennio sono state svolte, in collaborazione con tutte le sei Diocesi del paese, molte attività influenzate, in questa seconda annualità dagli eventi successi nel paese (Terremoto + Covid) ed alcune di esse sono state rimodulate, vista l’impossibilità di poter svolgere incontri dibattiti, campi estivi etc.
In sintesi: PERCORSI DI FORMAZIONE PROFESSIONALE: 20 percorsi per 253 beneficiari: PERCORSI DI ORIENTAMENTO: 20 percorsi per 439 beneficiari; BORSE DI STUDIO – CONTRIBUTI ALLO STUDIO: 68;; ATTIVITA’ ED INCONTRI DI ANIMAZIONE SUL TEMA DEI MINORI A RISCHIO MIGRAZIONE (famiglie, istituzioni, operatori, volontari, giovani) 26 incontri e 1862 persone coinvolte; CAMPI ESTIVI 35 iniziative per 2761 minori.
ATTIVITA’ RIMODULATE 2° ANNO Nel secondo anno per far fronte alle nuove emerge ed all’impossibilità di svolgere attività di sensibilizzazione e campi estivi il progetto ha rimodulato alcune azioni promuovendo:, aiuto di beni di prima necessità per nuclei famigliari con minori a rischio per 328 nuclei famigliari, acquisto di materiale scolastico per 362 minori, assistenza psicologica per 190 casi più vulnerabili
3. “Aiutiamoli a casa loro” è diventato uno slogan strumentalizzato per fini politici. Voi, con il vostro progetto, avete davvero messo le basi per evitare l’emigrazione e per dare un futuro alle persone a casa propria…
A metà del 2020 l’Unione Europea ha finalmente avviato l’apertura dei negoziati per l’adesione del paese all’UE. Ma fino allo scorso anno, per ben 10 anni, tale processo è sempre stato rimandato e respinto. Vorrei citare una dichiarazione dell’ambasciatore d’Italia in Albania dello scorso anno, a seguito della risposta negativa da parte dell’Europa al processo di adesione all’Unione Europea: “se ritarderemo ancora il processo di adesione all’Europa da parte dell’Albania, accoglieremo un paese dove non ci vivrà più nessuno”.
Nel corso degli anni ed anche attraverso questo progetto era come tentare di svuotare il mare con un secchio. Le cause, le motivazioni che stanno dietro alla decisione di fare un’esperienza migratoria sono molteplice e molto forti, specialmente per le persone che vivono nelle aree rurali del paese.
Nello svolgere le attività nei territori abbiamo scoperto che le famiglie mandano i minori soli con un progetto migratorio ben delineato e definito. Dicono ai giovani prima di partire: “vai a farti un paio di anni di collegio in Italia”. Con questo intendono dire che i ragazzi partono, spesso accompagnati da parenti, vengono lasciati presso una stazione di polizia, vigili o davanti alle stesse comunità di accoglienza. I ragazzi usano questo refrain: “sono un minore, dovete accogliermi”. E qui inizia il loro “viaggio” fatto di 1 o 2 anni di comunità per poi, appena compiuti i 18 anni, ricongiungersi ai familiari o parenti in Italia od in altre parti d’Europa.
Quello che abbiamo cercato di fare col progetto (almeno fino a prima del covid-19) e’ stato quello di dare un approccio metodologico al lavoro della rete della Chiesa Albanese nel cercare di sensibilizzare sulle conseguenze di un viaggio migratorio e sul tema della migrazione.
Abbiamo innanzitutto scoperto, che seppur la Chiesa in Albania sia caratterizzata da una forte presenza di clero, missionari/e Italia, non vi è uno scambio e conoscenza delle regole, dei sistemi di accoglienza, dei dati e delle informazioni sui fenomeni migratori albanesi ed in generale tra le due sponde dell’Adriatico. Il ruolo pedagogico che hanno le chiese locali si è rafforzato nella consapevolezza delle leggi, dei fenomeni e delle conseguenze (spesso non analizzate) del trauma migratorio di un minore.
Poi logicamente come progetto abbiamo investito in corsi qualificanti, borse di studio, supporto scolastico e professionale perlomeno per cercare di rafforzare le competenze culturali e sociali dei giovani. Sono piccole gocce nel mare, ma speriamo di dare dei segni importanti.
4. L’emigrazione dall’Albania riguarda soprattutto ragazzi che finiscono poi nelle mani di trafficanti, della tratta o della criminalità. Nel vostro lavoro, avete coinvolto anche le famiglie. In che modo?
L’emigrazione albanese, specialmente dei minori e delle ragazze è cambiata molto nel tempo. Alla fine degli anni novanta il fenomeno della tratta di giovani ragazze che venivano poi messe sulla strada in Italia era molto ampio. Oggi, questo tipo di fenomeno si è fortemente ridotto, perlomeno in Italia. Con questo non voglio dire che esso sia sparito. Fenomeni di tratta e vere proprie forme di schiavitù minorile sono anche all’interno del paese; mentre per quanto riguarda l’estero il fenomeno è più forte in paesi come l’Inghilterra piuttosto che in Italia. Oggi i minori non accompagnati vengono spesso coinvolti e sfruttati in giri di spaccio di droga ed in furti e rapine, più che sfruttati sessualmente.
Caritas Albania ha un settore che si chiama migrazione e anti-trafficking e si occupa di sfruttamento di minori (spesso rom) che vengono costretti ad elemosinare ai bordi delle strade e nei paesi vicini – Kossovo e Montenegro – dove la moneta è l’euro. Ci sono veri e propri fenomeni di “affitto” dei bambini / ragazzi.
Con il progetto della campagna abbiamo incontrato numerose famiglie su tutto il territorio ed attraverso piccoli gruppi abbiamo provato a raccontare e confrontarci sui rischi della migrazione dei minori, sulle conseguenze: sociali, psicologiche ed anche legali. In questo abbiamo fatto sinergia anche con un altro progetto della Campagna promosso nella Diocesi di Chioggia, e altri formatori venuti dall’Italia, i quali ci hanno aiutato a riflettere e formarci sul tema.
Le famiglie vivono un sentimento ambivalente, tra una spinta a partire (a volte non giustificata da reali motivi pratici o da mancanza di lavoro) e la preoccupazione rispetto all’ignoto.
Dagli incontri con le famiglie ne emerge che:
I giovani esprimono la voglia di realizzarsi.
L’Albania non valorizza i talenti dei giovani.
Un sistema di corruzione generalizzata invade tutta la società albanese, dalla scuola al mondo del lavoro alle istituzioni. Tale sistema è sentito come ineluttabile.
I giovani conoscono bene il sistema italiano e i canali per arrivarci; me non conoscono altrettanto bene i rischi, la possibilità di cadere in mano a reti di sfruttamento o di devianza.
I giovani lamentano una serie di carenze strutturali dell’Albania, accusano la politica e le istituzioni, la mentalità, ecc., ma manca un’idea di protagonismo.
I giovani sembrano avere dei canali di comunicazione con i loro coetanei o parenti in Italia, ma non sembrano conoscere le storie di viaggio di altri ragazzi da altre zone del paese; sembrano esistere dei flussi strutturati da precise zone dell’Albania verso le rispettive in Italia. Manca la conoscenza e consapevolezza del fenomeno visto da un punto di vista generale.
Riconoscono la bellezza e ricchezza del territorio albanese, ma faticano a vederlo come fonte di sviluppo e di crescita per il paese, per sé e le proprie famiglie.
Spesso valutano opportunità prettamente pratiche (lavoro, studio, ecc.) o sognano una realizzazione personale, ma sottovalutano l’impatto emotivo, gli strappi e i traumi del viaggio.
Si fatica a percepire una coscienza collettiva, prevale l’individualismo. Ciascuno pensa a sé e alla propria famiglia.