Riportiamo un articolo di Aleks Vulaj, uno dei giovani che hanno frequentato la comunità giovanile vocazionale avviata da p. Luigi Amato presso la parrocchia di Shënkoll. In quella comunità numerosi giovani sono stati accompagnati negli studi e formati ai valori sociali e religiosi. Oggi lavorano nel pubblico e nel privato, nel Paese e all’estero, facendo memoria degli insegnamenti ricevuti. L’articolo è stato pubblicato in ALBANIANEWS nel 2018.
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Per non dimenticare si dice in alcuni casi dei fatti che sono accaduti nella storia passata e recente. Come giusto che sia perché si impari qualcosa almeno a non commettere e permettere gli stessi errori nel futuro.
Questo mio racconto vuole semplicemente riportare i ricordi anche belli di quei tempi, non solo le diverse difficoltà, la povertà che abbiamo vissuto.
Sono nato nel 1976 a Shënkoll (San Nicola), provincia di Lezhë (Alessio). Il comunismo per togliere ogni riferimento con la religione lo chiamò: “Ylli i Kuq”, che vuol dire stella rossa, ma rimaneva solo nella carta, nelle lettere, ecc.
Sono cresciuto in una famiglia numerosa di otto figli, di semplici contadini ma felici, con dei valori veri che i nostri genitori ci inculcavano fin da bambini.
Facevamo la fila di ore per comperare il pane, il latte. Tutto era razionato per ogni membro di famiglia. C’erano famiglie che si separavano per avere un chilo in più di carne che veniva fornito nei negozi solo prima delle feste nazionali, quali capo d’anno, primo maggio ecc. Ma per noi bambini anche quello di fare la fila era un momento per divertirsi, quindi non facevamo problemi più di tanto.
I momenti più belli erano quelli in cui si giocava intorno al palazzo di cultura: finte guerre, nascondino o nel prato a correre. Ci divertivamo tanto anche nel costruire piccole carrozzine con i cuscinetti per poi fare la gara. Il palazzo di cultura era tutto, non solo per noi bambini, ma anche per gli adulti.
Abbiamo visto tanti spettacoli, grande circo e bei film di quel tempo, spesso entravamo anche senza biglietto. Il palazzo prima era stato prima una chiesa e quindi, una volta caduto il regime, è tornata ad essere un luogo di culto, come è giusto che sia, anche se all’inizio c’erano tanti malumori e discussioni tra la popolazione. Mi auguro che in futuro si faccia qualcosa per il mio paese natio in questa direzione. Che torni ad essere un centro importante di cultura e spettacolo dove possano crescere le nuove generazioni.
In quel tempo c’era anche più sicurezza, ovviamente anche di notte, ma per paura, penso. Mi ricordo una volta che mia madre, seduta su uno sgabello, ascoltava le preghiere in latino (da buona cattolica che è) alla radio vaticana e mio padre vicino al camino la sgridava: “spegni quella radio perché dietro le finestre ci possono essere le spie”. Ed è vero perché in quei tempi anche i muri parlavano. Solo dopo la caduta del regime tirò fuori da una vecchia cassa di legno (che si usava allora per i vestiti) una immagine sacra della Santa Famiglia.
Avevo solo nove anni quando ci è arrivata la notizia che il dittatore Enver Hoxha era morto. Mi ricordo come adesso quando la zia, passando per strada, disse a mio padre mentre stava potando le viti ed io lo aiutavo: “E’ morto Enver”.
Ci siamo riuniti subito intorno alla nostra radio Illiria, l’unico mezzo di comunicazione che avevamo. Si sono aggiunti anche i vicini di casa e così abbiamo ascoltato questa brutta notizia per quel tempo. Tutti con le lacrime agli occhi come se fosse la cosa più grave per noi e il nostro povero paese. La mia idea personale che mi sono fatto, è che lui, come tanti dittatori, si è fatto amare, in un modo o nell’altro, dalla gente comune.
Oltre la simpatia che lo distingueva, era anche un bravo oratore perché riusciva a persuadere le folle. Ma il momento storico per costruire uno stato indipendente è stato in suo favore.
Nel 1992 arrivano i primi missionari a Shënkoll, i Padri Rogazionisti, in particolare Padre Luigi Amato che tanto si adoperò in quei anni a costruire, dando così un lavoro dignitoso e un aiuto concreto a tante famiglie in difficoltà. Tante costruzioni in diverse località della zona, e non solo luoghi di culto; ma scuole, centri di formazione, ambulatori. P Luigi a Shënkoll diventa presto anche un punto di riferimento per tanti missionari, volontari o semplici turisti che vogliono collaborare oppure curiosare in questa terra campagnola vicino al mare.
Tutti noi , grazie al loro duro lavoro, siamo cresciuti con questo spirito nuovo di fare qualcosa per gli altri e per il nostro paese. Oppure è meglio dire che siamo riusciti a trarre il meglio che già c’era dentro di noi, nella cultura del nostro popolo. Oggi dopo venticinque anni, anche se molti viviamo lontano dal nostro paese, non dimentichiamo tutto quello che ci è stato dato gratuitamente. Ci teniamo in contatto ancora con tutti, sognando un futuro migliore anche per l’Albania di oggi e quella di domani. (Aleks Vulaj)